PARTICOLARI
LA COMBINAZIONE LOUIS VUITTON
Uno scrigno inespugnabile frutto di un'arte sapiente. Un affascianante sistema che diventa marchio di fabbrica e custode di segreti inviolabili, tanto da sfidare pubblicamente un grande mago come houdini chiamato a uscire con destrezza da un baule chiuso con il sigillo per eccellenza.
Il viaggio è lo sfondo di questa storia. All'inizio uno spostamento personale intrapreso da Louis Vuitton alla volta di Parigi nel 1873, che lo portò alla scoperta del lavoro dei laytieriers-emballeurs, i cosiddetti fabbricanti di bauli. Un mestiere prezioso, che cresceva di pari passo con l'affermarsi dei viaggi e la necessità di accogliere e custodire i beni dei signori, garantendone comfort e sicurezza. Così, nel 1854, Louis Vuitton diede inizio alla sua avventura aprendo un'attività in proprio, sotto il nome di Louis Vuitton Malletier, cominciando a progettare diversi modelli, primo tra tutti un baule in faggio rivestito con una tela Trianon completamente impermeabile, che offriva una vasta gamma di scomparti interni. Il successo fu immediato, tanto da costringere il creatore a proteggersi subito dalle molteplici imitazioni. Dapprima, si provò con una tela rigata in alternativa al precedente rivestimento, per poi arrivare, grazie all'intervento di Georges Vuitton, a una complessa scacchiera marrone e beige, in cui si ripeteva regolarmente il logo L. Vuitton, marque déposée. Un secolo dopo, questo motivo ispirò la creazione della moderna linea Damier. Nel 1875 nascevi "guardaroba", il nuovo baule della Maison francese che emulava la struttura interna di un armadio portatile con la possibilità di un'apertura verticale a svelare, da un lato, i numerosi cassetti e, dall'altro, un vero e proprio appendiabiti. Nacquero modelli adatti a qualsiasi esigenza: il sottilissimo cabin trunk, gli "aero-bauli" che - pieni- arrivano a pesare 26 chili, la driver bag - che si incastrava perfettamente all'interno di una pila di ruote di scorta - e il "baule - navicella", in grado di galleggiare nel caso di un atterraggio di emergenza sull'acqua. Oltre che innovativi in termini di tecnologia, i bauli Vuitton erano bellissimi e non passavano certo inosservati. Questo il motivo per cui i loro inventori dovettero offrire la massima sicurezza ai propri clienti, trasformandoli in vere cassaforte grazie a una chiusura che diventerà la firma inconfondibile della Maison. Gli antichi doppi lucchetti, rinforzati da un cinturino di pelle, furono sostituiti e brevettati da Louis Vuitton nel 1890, che li trasformò in lucchetti singoli, con una doppia fibbia e una molla, assemblati e registrati tramite un sistema di chiusura che rivoluzionò per sempre le serrature dei bagagli. Talmente robusti da garantire la massima tranquillità, erano dotati di numeri di serie, custodito nei registri Vuitton, che assicurava l'unicità della serratura e la possibilità di aprire, con una sola chiave e codice, tutte le valigie del viaggiatore. La loro inespugnabilità fu, di conseguenza, protagonista di storie illustri. Come il caso dello scomparso esploratore Pierre Savorgnan di Brazzà, che partì alla volta di Dakar dopo essersi fatto creare uno scrittoio portatile verde provvisto di cassetto segreto, che passò alla storia come il "baule-secrétaire". Brazzà non fece ritorno dalla missione, così il Governo francese dovette rivolgersi a Georges Vuitton per liberare i documenti contenuti nel baule in ottone. L'inviolabilità dei guardaroba-scrigni Vuitton fu tale da sancire, nel 1911, un sodalizio con la casa Cartier, che ordinò una valigia-cassaforte da legare al polso dei propri gioiellieri durante i viaggi. Il scelto da Cartier conteneva due casseforti Fichet-Bauche, nascoste all'interno di un portabiti in vacchetta naturale. Una soluzione perfetta per trasportare, in estrema sicurezza, pietre preziose e parures da una parte all'altra del mondo, custodite all'interno di un oggetto che tutti hanno cercato di imitare, senza riuscire, però, a scoprire la combinazione segreta.