PARTICOLARI
IL TEOREMA CANALI
Le regole e i teoremi possono essere letti come restrizioni, vincoli e limiti o come marchi di fabbrica e unicità. I dettami della moda maschile sono ciò che rende affascinante una figura elegantemente vestita in tessuti ricercati, definita da tagli precisi e arricchita da morbidezze studiate, ma in apparenza del tutto spontanee. Questa vestibilità - rigorosa nella sua produzione e del tutto naturale una volta indossata - è il motivo scatenante di una passione: la mia per l'esattezza. Volevo fare il sarto e sognavo di vivere tra montagne di tessuti, filati e macchine da cucire. Il mio sogno era di portare alto un nome che rappresentasse la tradizione italiana, quel quid aggiuntivo con cui ero nato, e che nessuno mi avrebbe potuto insegnare. Potevo imparare a indirizzarlo in un settore ma, certamente, nessuna scuola, né esercizio sarebbero stati in grado di donarmelo. Fu quello il momento in cui varcai la soglia di un edificio moderno e silenzioso da fuori, elegante nel suo imponente minimalismo scuro fatto di vetrate e di geometrie perfette a incorniciare un nome unico, che portava con sé un l'eco dell'immensa eredità di una famiglia. Quello che dal guscio sembrava un'oasi di pace, al suo interno svelava un rumore ipnotico, come una sinfonia che introduce ad un grande spettacolo. Nella mia mente il sarto è sempre stato il direttore di un'orchestra dalla musica incalzante, che accompagna la severa forgiatura di un capo verso la perfezione. Tutto si preparava per la messa in scena e trovava il punto di partenza nell'arrivo di enormi quantità di tessuto provenienti per la maggior parte da Biella, un nome testimone anch'esso di profonda italianità. La cosa affascinante fu scoprire che non ci si limitava ad acquistare rotoli di filati preconfezionati, ma esisteva un ufficio interno che studiava, insieme al distretto, delle mischie di fibre preparate in esclusiva per quella famiglia. Un'altra sorpresa fu vedere che c'erano tantissime persone che svolgevano scrupolosamente la mansione per cui erano state addestrate dalla scuola interna. Sì, addestrate: perché solo di questo si tratta quando si vuole annullare qualsiasi margine di errore. Un obbiettivo dettato da una sola parola, ricorrente alla fine di ogni fase: controllo. Tutto era ispezionato, passaggio dopo passaggio, cucitura dopo cucitura. Un monitoraggio che avveniva grazie all'occhio esperto che analizzava, centimetro per centimetro, quei metri di tessuto, segnalando eventuali difetti con colori diversi come in un semaforo, dal verde al rosso. Il risultato erano rotoli enormi accatastati, pieni di targhette, pronti per essere tagliati. Nella mia immaginazione questo momento era caratterizzato da forbici che veloci seguivano delle guide. Nella realtà c'era una punta di diamante che intagliava il tessuto seguendo delle matrici di taglio, disegnate a mano e perfettamente incastrate come in un mosaico, a sfruttare al massimo le tele a disposizione. Davanti ai miei occhi, telecamere e operatori attenti controllavano le superfici su piattaforme mobili, regalano uno spettacolo quasi futuristico e stupefacente per la sua precisione. I destinatari di questa montagna di pacchetti erano coloro che avrebbero portato avanti lo spettacolo attraverso imbastiture, cuciture e rifiniture: il reparto produttivo. Se fino ad ora il rumore delle macchine era ipnotico, adesso potevo parlare di un coro incalzante: ero nell'apice della storia. Capii che il protagonista della messa in scena non era il risultato finale, quanto la sua anima interna chiamata canvas. Era il vero e proprio scheletro della giacca, ciò che avrebbe donato la sua forma impeccabile. Un'impalcatura bianca modellata su necessità e dietro indicazione del cartellino che accompagnava il pacco regalo giunto nel dipartimento. Tutto poi cominciava ad assumere un senso attraverso le tredici fasi necessarie per comporre il capo. Tocchi leggeri, dita abili e rapide scorrevano tra tessuto, canvas e fili, unendoli su una superficie insolita a schiena d'asino, che riproduceva le curve del corpo. La parte anteriore della giacca passava tra le varie postazioni, ognuna responsabile della propria mansione, guadagnando un dettaglio, di tavolo in tavolo. L'abilità delle mani delicate era quasi surreale e non faceva trasparire la difficoltà e la dedizione necessarie per raggiungere quel risultato. Dalla segnatura del taschino, all'applicazione delle lentezze che consentono di ottenere una vestibilità perfetta, tutto si compone fino al momento dell'imbastitura della paramontura dove, per la prima volta, l'anima della giacca, il canvas, si incontra con il tessuto esterno. Da qui un crescendo: il collo assume la sua forma grazie a un esercizio di dita e fustelle, le spalle e le maniche vengono lavorate separatamente attraverso una complessa cucitura a giro, per ambo i lati, fino a unirsi facendo forza sulle due ossa portanti: il rollino, che riempirà il giro manica, e le spalline, uno spessore sapientemente modellato che dovrà sparire alla vista, una volta indossato. La giacca è pronta per essere immersa in una catena di stiro che, come una nuvola di vapore, avvolge il capo e gli imprime la sua forma ideale grazie all'uso di sagome anatomiche per il busto e all'arte della cassura, una tecnica a metà strada tra stiratura e sensibilità del tocco, a forgiare il collo in un giro perfetto. Il gran finale è lì, appeso a una gruccia. L'ultimo tocco è svelto, quasi sognante: è la firma d'autore di un luogo che ha confermato il mio sogno. Il marchio di un metodo di lavoro e di una tradizione tutta italiana: Canali.
BAT - EVOLUTION
L'odio profondo per i fuorilegge e il male che diffondono nella società sono gli elementi comuni a tutti gli eroi. Da qui una volontà: proteggere e aiutare le persone in pericolo. Alla base ci fu la paura di Bruce Wayne, il paladino oscuro che, una notte, quando in lui era ancora vivo il ricordo dell'omicidio dei genitori per mano di un ladro, fu attaccato da un pipistrello. Ne fu talmente terrorizzato da usare quell'animale come suo baluardo, sperando di incutere timore ai criminali. Decise così di investire denaro in una divisa: il bat-suit, una vera e propria macchina da guerra che avrebbe valorizzato le sue straordinarie capacità fisiche e che si sarebbe affinata avventura dopo avventura. Una tuta strettissima, completamente grigia, che con gli anni diventerà come uno scudo, quasi marmoreo, a proteggere il supereroe da esplosioni e temperature disumane. Una cromia omogenea interrotta solo da alcuni elementi che si trasformarono, poi, nel fiore all'occhiello di tecnica e potenza. Come ogni pipistrello che si rispetti, anche il signor Wayne doveva possedere il biosonar, in natura nelle orecchie dei volatili, per lui nel cappuccio: un'aderente maschera blu notte, con stupefacenti funzioni, che lasciava scoperta solo la bocca. Il principio naturale dell'eco-localizzazione si accompagnava così a uno strumento con speciali visori - raggi x per vedere attraverso le superfici - e un infallibile congegno di controllo mentale. Un biglietto da visita che, con lo scorrere del tempo, non mutò se non per semplici vezzi di tinte e dimensione delle orecchie appuntite . Una caratteristica unisce questa maschera agli speciali guanti ideati: un gas tossico che si sprigiona nel caso in cui l'uomo sia privo di sensi e pericolosamente attaccato da un nemico. Le mani del supereroe furono in principio avvolte in guanti viola, poi azzurri, terminanti al polso. Nel giro di quattro anni furono perfezionati con l'aggiunta di lame laterali che salivano fino al gomito e si accompagnavano a strettissimi stivali in gomma a metà polpaccio, adatti a qualsiasi superficie e capaci, addirittura, di nascondere fucili. Proprio le armi sono uno strumento tanto affascinante, quanto unico. Contenute nella batcintura, non sono catalogabili, dato il continuo ricambio. Armi custodite all'interno di una guaina oro saldamente fissata in vita, decorata dal suo bat-stemma come fibbia o declinata in nero a totale scomparsa con la tuta, ormai divenuta armatura. L'agile figura doveva avere però della ali per portare alto quel nome di uomo pipistrello. Affascinato dai disegni delle macchine volanti di Leonardo Da Vinci, il signor Wayne ne trasse ispirazione per disegnare il suo mantello. Un lungo drappo nero, con iniziale fodera a contrasto azzurra, una doppia colorazione poi abbandonata negli anni per fondersi sempre più con l'oscurità della notte. Il rivestimento in kevlar garantiva una planata perfetta e una discesa a tutta velocità fino a diventare, dopo aver subito attacchi quasi mortali, una sorta di scudo capace di schivare qualsiasi proiettile. Con il passare del tempo e l'aumentare dei nemici, il signor Wayne decise di mimetizzarsi con le tenebre, senza dimenticare però la sua attenzione per lo stile e la continua voglia di cambiamento. Seguendo i suoi gusti e la passione per il rinnovamento d'immagine, studiò un'ultima versione del suo bat-suit, nata per l'inverno e rimasta immutata: un total black senza precedenti. L'abito si fece così tutto nero, sempre più forte e indistruttibile, ma con una luce che si imponeva sul cielo di Gotham City e sul petto: un pipistrello stilizzato incorniciato da un ovale giallo, quasi un occhio di bue che si accende sul palco quando arriva il protagonista, Batman.