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Music Director Dicembre 2024: Francesca Michielin

 Francesca Michielin è la Music Director di dicembre 2024

Abbiamo intervistato l’artista in gara al Festival di Sanremo 2025 che ha curato una playlist esclusiva per i nostri lettori.

Francesca Michielin è un’artista camaleontica, una polistrumentista sensibile nel descrivere il circostante attraverso la sua arte. Tra l’emozione del ritorno al live dopo un anno, il successo della sua prima canzone di Natale “Christmas Party”, ricordi e sogni nel cassetto, Francesca ci racconta come vede il mondo e cosa cerca di inseguire giorno per giorno, nella sua lotta come donna e artista nel costruire bellezza. La sua playlist in esclusiva per i nostri lettori è una condivisione del suo quotidiano, fatto di cantautrici diversissime tra loro e fondamentali per il panorama di influenze della Music Director di dicembre 2024.

Si è appena conclusa la tua live alla City Session di Amazon Music, uno show intimo, dove tutto parlava di un’atmosfera raccolta, magica. Cosa ti ha lasciato?

Ero molto emozionata, perché non tornavo live da un anno. L’anno scorso ho fatto una cinquantina di date, e dopo un anno così pieno, mi sono fermata nelle retrovie a comporre. Ero emozionata di rivedere il mio pubblico dal vivo, soprattutto perché parliamo di un contesto dove vedi nitidamente chi c’è. Ho portato in scena un set che non ho mai potuto proporre per via della pandemia, mi è sembrato come fosse un battesimo per cui è stato bellissimo e intenso.

Hai presentato il tuo primo brano di Natale, “Christmas Party”. Qual è stato il tuo approccio nel costruire un brano per le festività natalizie?

È stata una sfida. Prima di tutto è un brano originale di Natale e questo portava con sé tanta emozione, perché è un momento dell’anno in cui notoriamente è molto meglio proporre una cover. In più, sono felice di aver interpretato un pezzo che ha composto Tory Kelly, cantautrice immensa. Era una cosa nuova per me, ma la risposta è stata ed è incredibilmente bella.

Hai un brano che per te, nei tuoi ricordi, rappresenta il Natale?

Ho due pezzi in realtà. Il primo è un classico antico del repertorio “God Rest Ye Merry Gentleman” che lego al ricordo del Natale in cui si preparava la messa con il coro. Lo si eseguiva una sola volta, dopo averlo studiato per mesi. Ricordo questo brano molto scuro, difficilissimo a cappella, con le voci che si armonizzavano perfettamente. Sicuramente quello è il brano del mio cuore. Poi c'è “Last Christmas”, perché è una canzone malinconica che descrive al meglio la mia atmosfera delle festività.

Nella tua carriera hai avuto l’occasione di donare la tua voce al cinema tante volte. Visto il tuo talento poliedrico e caratterizzante, mi chiedevo se ti piacerebbe avere l’occasione di curare la colonna sonora di un film o di una serie?

È il mio sogno nel cassetto. Ho un rapporto molto stretto con il cinema, ma ancora non ho scritto una colonna sono raper un lungo metraggio. Essendo molto affezionata alla musica strumentale sarebbe nelle mie corde. Le strutture della musica per cinema ti portano a svincolarti da molti registri, devi essere anche in grado di scrivere dieci minuti di musica continua, magari per ogni personaggio con le sue caratteristiche ed è estremamente sfidante, complesso. Quando frequentavo il conservatorio, spesso prendevo dei film che mi piacevano e mi allenavo a comporci sopra una colonna sonora nuova, l’ho fatto con “Il Favoloso Mondo di Amélie”, l’ho fatto con “The Shining”, mi divertiva e mi affascina da sempre.

Che approccio hai con la costruzione dell’immagine attorno alla tua musica?

L’immagine è molto intersecata con la musica e va curata moltissimo. Questa cosa un po’ mi pesa, perché è come se ci fosse una sovrastruttura che diventa a volte più importante della musica stessa. Penso che tutto ciò che è arte, sia anche immagine; pensare ad esempio a una copertina o a un video musicale o a un look è fondamentale, perché comunichi. Non si deve sostituire però al senso del nostro lavoro, deve essere un mezzo.

Hai un video musicale o un’immagine a cui sei particolarmente legata?

“Blue" di Joni Mitchell con quella copertina così semplice e evocativa. Non ho avuto una formazione musicale a casa, mio padre sceglieva i vinili nei negozi di musica a istinto e ricordo che nessuno mi aveva parlato delle grandi cantautrici, così sono entrata nel negozio di dischi, ho visto “Blue” e ho pensato che dovevo averlo. La copertina di un album è un qualcosa di fondamentale, noi ad esempio con “Cani Sciolti” abbiamo fatto un lavoro incredibile, le immagini erano come dei dipinti evocativi. Credo che l’immagine sia un veicolo fondamentale del nostro messaggio ed è arte tanto quanto quello che componiamo.

Che fruitrice di musica sei?

Sono molto curiosa dei dischi internazionali, soprattuto di musica cantautorale. Da piccola ascoltavo quasi solo rock e band, dalle superiori mi sono affezionata al mondo delle cantautrici come Florence and the Machine, Taylor Swift e devo dire che rimango molto affezionata a quello stile, ma poi ascolto di tutto e di più. Se fai musica, non bisogna snobbare nessuno e conoscere quello che ti succede intorno.

Ricordi il primo album che hai consumato consapevolmente?

Sicuramente il live di Wembley dei Queen, nella versione video e audio, ha segnato la mia vita. Quando penso a come bisognerebbe essere artisti penso a quel concerto, per la scelta dei look, per la scaletta e per Freddy Mercury. Freddy Mercury non era un cantante accademico, però è il cantante che più di tutti ha insegnato come si sta sul palco, la sua postura era magistrale.

Gli artisti non possono di certo salvare il mondo, ma sicuramente renderlo un posto migliore: più bello. In un periodo complesso come questo, quanto pensi conti la bellezza?

La bellezza è un valore fondante. È una forma di resistenza all’orrore, alla pochezza, all’ignoranza e al pressappochismo. Il problema di oggi è che dimostrarsi superficiali è quasi un vanto, per cui chi promuove bellezza o profondità è visto come pesante. Rivendico la libertà degli artisti, il poter procedere senza limitazioni o imposizioni. Gli artisti possono e devono avere una responsabilità, perché hanno un pubblico. Se puoi dire certe cose, meglio che lo fai. Anche la musica è politica, perché tutto lo è, il corpo, l’amore, i gesti e i pensieri: gli artisti possono e devono continuare a fare bellezza anche in momenti così difficili. Il mio modo di fare musica è questo e cerco di essere molto attiva nei temi che mi stanno a cuore.

Hai sempre avuto un’attenzione particolare al circostante, a quello che accade e alle donne. Penso ad esempio a “Maschiacci”, un progetto che punta una luce su un argomento su cui c’è ancora tanto da fare e da dire. In questo momento qual è il tuo modo di portare avanti la tua lotta da donna?

Mi chiedo spesso quanto io possa fare. “Maschiacci” è sicuramente un percorso che continuerà, e si rinnoverà sempre. Il femminismo non è mettersi in cattedra, ma una pratica collettiva. La mia priorità come essere umano è studiare e informarmi, mentre quella da artista è sensibilizzare su questi temi, promuovere campagne e essere uno spazio che da spazio a voci che altrimenti non verrebbero ascoltate. Cerco di sensibilizzare il mio pubblico, perché mi rendo conto che da quando faccio questo lavoro, che non è solo cantare le canzoni, ma anche organizzare eventi, presentare libri che mi stanno a cuore e sostenere cause, vedo che la mia fan base cresce con me su questi temi.

Hai curato la playlist del mese di dicembre di Harper’s Bazaar Italia, come la descriveresti?

È una selezione di tutti i brani che sto ascoltando di più in questo periodo, che mi ispirano per la scrittura e le produzioni. Sono tutte artiste, perché effettivamente ascolto solo donne da qualche anno a questa parte. È come se fosse la mia playlist quotidiana.